Osmosi perchè si forma e come si risolve?

Proviamo a comprendere questo fenomeno che interessa le barche in vetroresina, risparmiando fortunatamente le imbarcazioni in legno ed in metallo.

Osmosi perchè si forma e come si risolve

Cos’è l’osmosi

La vetroresina è formata da una serie di strati di fibra di vetro impregnati con resine sintetiche.  

Condizione necessaria perché si formi l’osmosi è che all’interno dello stratificato in vetroresina vi siano bolle d’aria o infiltrazioni di umidità. Queste possono essere causate da una lavorazione non accurata, da una forte usura della superficie o da un danneggiamento della stessa (come graffi, urti, ecc…).  

Infatti quando la “barriera”, fra gli strati di vetroresina e l’acqua di mare, non è sufficientemente “forte”, col tempo molecole d’acqua possono penetrare lo strato esterno del gelcoat ed “infilarsi” nella bolla preesistente o crearne una.
Di qui l’umidità inizia a reagire con alcuni composti che si trovano nel laminato (appretto del vetro, parti di resina non catalizzata ecc..) generando un liquido oleoso, contenente acido acetico, caratterizzato da un forte odore di aceto. Man mano, la pressione nella bolla aumenta fino a manifestarsi con una vescica di forma rotonda  sulla carena, questo perché la pressione osmotica al suo interno è praticamente uguale in tutte le direzioni.  
Se questa reazione prosegue nel tempo, senza nessun intervento a porvi rimedio, può minare gradualmente le caratteristiche meccaniche del laminato.  


Ma perché ci si trovi di fronte ad un caso di osmosi la bolla deve fare gonfiare il gelcoat deformandone la superficie (altrimenti si parla solo di osmosi latente); può capitare anche che si trovino bolle tra più strati di antivegetativa, mentre il gelcoat sottostante risulta essere liscio. In questo caso, piuttosto frequente, siamo soltanto di fronte ad un difetto dell’antivegetativa, che ha intrappolato del solvente o dell’acqua tra una mano e l’altra.

Per chiarire, perché si possa dire che una bolla è di osmosi, si dovrà rilevare che è rotonda, che è sotto lo spessore del gelcoat, deve contenere del liquido untuoso al tatto e questo dovrà essere di odore acetico.

Per evitare l’osmosi, è importante quindi che la prima barriera costituita dalla resina e la seconda protezione dal gelcoat, anch’esso una resina anche se pigmentata, dovranno risultare uno strato fortemente impermeabile.

Prevenire l’osmosi

Per prevenire l’osmosi, soprattutto quella dovuta dall’usura delle barriere o al loro danneggiamento, vi sono dei trattamenti “anti-osmosi” epossidici, che vanno applicati sopra lo strato di gelcoat per creare una nuova ed ulteriore barriera protettiva impermeabile. Questa pratica è consigliata soprattutto quando “si porta la carena a zero”, ovvero si eliminano gli strati di antivegetativa e primer creatisi negli anni.

Se l’imbarcazione è “affetta da osmosi” è importante intervenire il prima possibile per evitare che si diffonda maggiormente.  
Gli interventi si stabiliscono in base alla gravità della situazione. 

Se vi sono tacce di osmosi con bolle presenti solo nel gelcoat, caso meno grave, è possibile rimuoverlo e sostituirlo. Si procederà poi a proteggerlo con un trattamento “anti-osmosi” epossidico , dopo un lavaggio ed un’asciugatura accurati.

Se si riscontrano bolle e crateri sia nel gelcoat che nel laminato sottostante, caso più grave, sarà necessario rimuovere il gelcoat e le aree compromesse del laminato. Successivamente, dopo aver fatto evaporare l’umidità presente, si dovrà rilaminare le parti rimosse e riapplicare il gelcoat. Sarà bene a questo punto applicare il trattamento “anti-osmosi” epossidico per prevenire che il problema si ripresenti.
 

Per conoscere il vero stato dell’imbarcazione, in riferimento a questa problematica, e per essere sicuri di non avere infiltrazioni di umidità nella carena (osmosi latente), si può effettuare una specifica misurazione con un moisture meter ed intervenire prima che si presentino gli effetti sopra citati.

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Per la patente nautica arrivano nuove regole

È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto del ministero delle Infrastrutture che detta nuove regole sullo svolgimento degli esami per ottenere l'abilitazione alla navigazione.


Cambia l'esame per la patente nautica. Il 28 settembre è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il nuovo decreto del ministero delle Infrastrutture (del 10 agosto 2021: Adozione dei programmi di esame per il conseguimento delle patenti nautiche di categoria A, B e C e modalità di svolgimento delle prove) che ridisegna le modalità di svolgimento degli esami e i nuovi programmi delle abilitazioni. Sono previste procedure più snelle, meno burocrazia, semplificazione delle materie con meno parti nozionistiche e più attenzione alla sicurezza, all'ambiente, ai nuovi strumenti elettronici e alla navigazione pratica. Queste alcune novità.


Più tempo per ripetere gli esami. Chi ha superato la prova scritta, ma non supera per le 2 volte consentite quella pratica, può ora ritentarla entro 30 giorni senza ricominciare tutto daccapo come avveniva prima. È possibile ripetere le prove scritte non superate nel periodo di tempo di validità dell'istanza di esame; nel caso non si superi l'esame di carteggio per la patente “senza limiti”, si può richiedere di proseguire l'esame finalizzandolo alla patente nautica “entro le 12 miglia”. Resta la possibilità, per chi non supera i “quiz vela”, di proseguire l'esame per ottenere la patente a motore.


Agevolazioni per i disabili. Le persone disabili o con disturbi specifici dell'apprendimento (Dsa) possono chiedere misure personalizzate compensative per lo svolgimento delle prove d'esame, per esempio la concessione di maggiore tempo per svolgere le prove, l'assistenza di mediatori o traduttori, ausilii o particolari strumenti.

Semplificazione e sicurezza. I programmi d'esame sono stati semplificati; la “nomenclatura” delle barche è limitata alle parti principali dello scafo e la parte sulle avarie interessa solo quelle che possono provedere interventi del diportista, non specialistici. Più attenzione anche alla sicurezza. Introdotte nozioni sui rischi della navigazione sotto l'influenza dell'alcol, o in stato di alterazione psico-fisica e sull'uso degli strumenti elettronici per il posizionamento del punto nave. Crescono i quiz su “manovre e condotta”, le precauzione da adottare all'ingresso e all'uscita dei porti, in naviazione in prossimità dei bagnanti, della costa, sui limiti di velocità e la protezione dell'ambiente marino.

“Colreg” a memoria. I principali segnali del “Colreg”, il Regolamento internazionale per prevenire gli abbordi in mare, si dovranno conoscere “a memoria”, soprattutto quelli che riguardano le unità da diporto, da pesca e le navi in navigazione o all'ancora.

Arrivano nuovi quiz. Con un nuovo decreto ministeriale sarà elaborato un nuovo elenco di quiz per sostenere la parte scritta dell'esame. Farà parte di un database unico, nazionale, soggetto a revisione periodica almeno biennale. È previsto un quiz “base”, valido per tutte le patenti, con 20 quesiti a risposta multipla, ciascuno costituito da tre risposte alternative di cui una sola esatta, e la prova è superata se il candidato fornisce almeno 16 risposte esatte.
Il Quiz su “elementi di carteggio” è costituito da cinque quesiti a risposta singola, per la patente “entro le 12 miglia”. La prova è superata se il candidato fornisce almeno 4 risposte esatte su 5. Per la patente “senza limiti” è sostituito dalla prova di carteggio. Il Quiz “vela”, con 5 quesiti a risposta singola, è superato con almeno 4 risposte esatte.

Pratica certificata. Per essere ammessi all'esame della patente nautica bisognerà dimostrare di avere effettuato almeno 5 ore di manovre pratiche, attestate da una scuola nautica.


Cari amici 
Sul numero di Bolina di novembre troverete un articolo approfondito delle nuove norme.

GOMMONI Chiglie e carene degli smontabili differenze e prestazioni

Un po' di storia
Il ventennio dal '60 all'80, è stato il periodo di massima espansione della nautica praticata coi gommoni con una crescita esponenziale degli appassionati che prediligevano quel tipo di navigazione.
In quell'epoca esistevano i soli smontabili ed era appassionante il confronto tra i primi due costruttori che dominavano il mercato e che promulgavano due diverse scelte progettuali: la francese Zodiac con la chiglia pneumatica e coni lunghi e la Callegari con la chiglia a longherone rigido e coni corti. Successivamente molti costruttori sono sorti ispirandosi a quei progetti.
Ahimé purtroppo la Callegari è finita in crisi finanziaria ed assorbita dalla Eurovinil mentre il colosso Zodiac è tutt'oggi presente con vari modelli che si sono evoluti.

Zodiac MK1 del 1965 (chiglia pneumatica e coni lunghi).

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Callegari Alcione del 1965 (chiglia rigida e coni corti).
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Dopo aver fatto una prima esperienza con un Alcione Callegari usato (3,55m) il passo successivo fu uno splendido Super Alcione America di 4m col nuovissimo tessuto arancio e inserti neri.
Ricordo ancora che era a listino per 750.000 lire ed io - che ero sempre squattrinato - lo presi per 525.000 lire perché era un seconda scelta (una piccola bava nell'incollaggio in una posizione neppure visibile.

Callegari Super Alcione America.
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A partire dagli anni '80, con l'avvento dei Rib, gli smontabili subiscono un rapido declino nelle vendite che li relega per lo più ai tenders con poche innovazioni apportate.
La necessità di ridurre i costi poi lascia scadere la loro qualità intrinseca con l'adozione del più economico pvc che si sostituisce all'hypalon/neoprene.
L'evoluzione degli smontabili ha visto l'adozione del leggero alluminio per pagliolo e chiglia in alternativa al compensato marino mentre molti specchi di poppa vengono fatti in un materiale composito leggero e resistente.
Infine dal '95 sono comparsi dei materassini gonfiati ad alta pressione che costituiscono l'intera ossatura di alcuni gommoni con la sola esclusione della poppa.

Concludo questa carrellata storica rimarcando come io stesso sono stato protagonista di una progressiva evoluzione di questi straordinari mezzi pneumatici i quali per il primo decennio hanno vantato la loro grande praticità d'uso con i loro 3,5m pilotati a barra e trasportati da sgonfi nel baule dell'auto oppure gonfi sul loro tetto. Si potevano varare in qualsiasi punto ove si arrivasse all'acqua e si poteva sbarcare a terra a piacimento tirandoli a secco.
Il grande spirito libero di questi "salvagenti plananti" è andato via via degradando con l'applicazione delle timonerie e le consolle (difficoltà e tempi maggiori per montaggio/smontaggio)... l'incremento delle misure e pesi (necessità del carrello stradale, difficoltà di alare in spiaggia). Finché negli anni '80 ecco apparire gli ibridi con carena in vetroresina... misure fino a 12m con 3x300hp (neppure più carrellabili)... e infine i cabinati.
A fronte di tante complicazioni e conseguente "esplosione" dei costi di acquisto/gestione... il mio cervello "implode" tornando allo spirito primitivo dell'alcione 3,50m di 50 anni fa.
E così eccomi di nuovo con uno smontabile guidato a barra. Navigo lungo costa e atterro dove mi pare passando la notte in tenda. Quando entro nei porti ed ormeggio in un angolino nessuno osa imputarmi gli oneri dei servizi portuali: "quella non è una barca... tutt'al più è un tender!!"... "sì, è un tender... andatevi a trovare la barca madre da dove è stato varato!!"

Tipologie degli smontabili
Analizziamo ora le varie tipologie degli smontabili e le loro prestazioni in navigazione.
Distinguiamo essenzialmente 4 diverse tipologie:
-- pagliolo in compensato marino o alluminio e chiglia pneumatica a salsicciotto (scuola Zodiac),
-- pagliolo, chiglia/longherone in compensato marino o alluminio (scuola Callegari),
-- pagliolo e chiglia con elementi pneumatici ad alta pressione e poppa in composito (Zodiac fastroller),
-- pagliolo e carena con elementi pneumatici ad alta pressione e poppa in composito (vib Selva).


PAGLIOLO IN COMPENSATO MARINO O ALLUMINIO E CHIGLIA PNEUMATICA A SALSICCIOTTO (SCUOLA ZODIAC)

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Battello con chiglia pneumatica.


La chiglia pneumatica è costituita da un piccolo tubolare di forma cilindrica a sezione differenziata incollato longitudinalmente al centro della carena. A battello montato essa viene gonfiata premendo contro il fondo del pagliolo e dalla parte opposta sul telo di carena che viene così teso.
Questa scelta progettuale, adottata dalla Zodiac fin dai primordi, mira ad assecondare meglio le irregolarità della superficie marina in navigazione potendo contare su una maggiore flessibilità dell'insieme.
Esso vanta altresì un peso più contenuto e sono più veloci le operazioni di montaggio/smontaggio. Nel trasporto sono sufficienti due sacche che hanno dimensioni di poco superiori a quelle della tavola di poppa.
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Il tallone d'Achille
di tutte le chiglie pneumatiche è rappresentato dai sassolini che inevitabilmente ci portiamo a bordo - specie nel corso degli sbarchi a terra - e finiscono sotto il pagliolo.
Avviene che durante la navigazione le vibrazioni del telo della carena fanno sì che detti sassolini scendono e si incastrano a pressione tra il telo della carena e il salsicciotto della chiglia col serio pericolo di bucarla (in questo modo io ne ho forato due).
Con buona frequenza conviene sollevare il gommo dalla prora e passare la mano sull'asse di chiglia all'esterno della carena per verificare che non ci siano sassolini che premono contro la chiglia e la carena. Nel caso saremo costretti a mettere il gommo in pendenza verso poppa, sgonfiare la chiglia e uno dei tubolari laterali (senza necessità di smontare il motore), togliere il pagliolo e lavare la sede della chiglia con acqua corrente per eliminare ogni impurità mentre l'acqua drena dalla valvola di poppa aperta.
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IN NAVIGAZIONE SUL MOSSO
La chiglia pneumatica viene gonfiata alla stessa pressione dei tubolari del gommone attraverso una valvola che sporge da un foro nel pagliolo montato a proravia.
Purtroppo, data la sua forma circolare e diametro ridotti, non è possibile fare assumere alla ruota di prora una profondità e angolatura pronunciati e soprattutto non è possibile realizzare uno vero e proprio spigolo sull'asse di chiglia in grado di fendere efficacemente le onde negli impatti.
Affrontando un mare formato parte dell'energia cinetica prodotta negli impatti viene assorbita dalla carena per schiacciamento della stessa chiglia.
E tuttavia gli impatti restano perlopiù piuttosto duri e il battello tende a spiattellare sulla superficie perché si impattano continuamente due superfici pressoché piatte.



Chiglia pneumatica raccorciata
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Abbiamo visto che il salsicciotto della chiglia gonfiabile si sviluppa da prora a poppa con un diametro differenziato per conseguire due scopi.
Il primo è quello di mettere in tensione il telo della carena affinché esso si distenda in una superficie uniforme e rigida in grado di offrire la minima resistenza all'avanzamento quando il battello è lanciato in planata.
Il secondo è quello di realizzare una ruota di prora il più possibile pronunciata a "V" nel punto in cui avviene l'impatto contro le onde per aprire un varco contro di esse allo scopo di rendere più morbida la navigazione.
Nella realtà una chiglia pneumatica gonfia a 0,25-0,30bar non è in grado di tendere con sufficiente efficacia il telo della carena il quale, nelle violente sollecitazioni cui è sottoposto in navigazione, si deforma schiacciandosi continuamente e generando un moto turbolento del flusso d'acqua che l'attraversa e che compromette la scorrevolezza dello scafo.
In particolare nella zona poppiera, anche navigando sul liscio, si aggiunge la pressione verticale di sostentamento della planata col risultato che la chiglia si comprime formando una sacca contro lo specchio di poppa che determina una deleteria resistenza all'avanzamento.
Questa è la ragione per la quale i progettisti hanno preferito interrompere il salsicciotto della chiglia a circa 2/3 dalla prora lasciando la superficie della poppa perfettamente piatta che diventa rigida e indeformabile a contatto col pagliolo. In questo modo vengono eliminate le vibrazioni del telo nella zona poppiera e non si crea più alcuna sacca contro di essa.
Sottolineo come, con questa miglioria, non viene a scadere la morbidezza in navigazione perché non viene modificata la ruota di prora che è l'unica parte della carena deputata a rendere più morbidi gli impatti contro le onde.
Nelle chiglie pneumatiche che giungono fino a poppa, la "V" generata dalla parte finale del tubolarino (deadrise), ha un'inclinazione talmente modesta da mantenere già pressoché piatto il suo profilo a fronte degli inconvenienti dannosi sopra descritti. Tanto valeva eliminarla.
Sappiamo che una "V" di poppa diventa efficace per ammorbidire gli impatti nelle ricadute sull'acqua con inclinazioni di almeno 15-20° (le carene rigide arrivano a 35-45°) assolutamente irrealizzabili con delle chiglie pneumatiche.

PAGLIOLO, CHIGLIA/LONGHERONE IN COMPENSATO MARINO O ALLUMINIO (SCUOLA CALLEGARI)
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La chiglia rigida - sia essa in legno o alluminio - consiste in una trave tramezzale che si sviluppa da prora a poppa al centro della parte interna del telo di carena. Essa è spezzata in due parti che si uniscono al centro portando in tensione longitudinale il battello. Sopra di essa vanno in appoggio i 3 o 4 elementi del pagliolo a partire dalla poppa fino alla prora.
Quando gonfiamo le camere dei tubolari gli elementi del pagliolo restano saldamente incastrati alla loro base e il telo della carena giunge a tendersi sospinto in basso dalla trave della chiglia.
A differenza dei confratelli a chiglia pneumatica i battelli a chiglia rigida vantano una stellatura della carena più profonda ed accentuata e soprattutto si crea finalmente uno spigolo rigido sull'asse di chiglia in grado di fendere le onde impattate con maggiore efficacia.
Ora il telo della carena è teso come un tamburo e l'intero battello è rigido e stabile nella sua forma quasi quanto un Rib.
Anche a poppa il flusso dell'acqua in planata non crea alcuna sacca perché la trave non può schiacciarsi anche se la "V" resta talmente modesta da non comportare alcun vantaggio nelle ricadute in navigazione battente altrettanto quanto nei chiglia pneumatica.
Le tremende sollecitazioni cui è sottoposto il battello in planata sul mare formato giunge
talvolta a spezzare i rinforzi laterali (guance) che tengono uniti i due spezzoni della chiglia se questi non sono ben dimensionati.
Molti sono i sostenitori del maggior comfort offerto da questi battelli sul mosso rispetto ai confratelli della scuola Zodiac.
Il costruttore francese rivendica tuttavia lo spirito che sta alla base della filosofia di uno smontabile: minor peso, minor ingombro nelle sacche per il trasporto ed infine... ciò che non c'è (la chiglia rigida) non si rompe.

Paiolo di legno
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Paiolo di Alluminio
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Concludo il commento delle due tipologie disponibile in due versioni per quanto concerne il pagliolo: compensato marino oppure alluminio.
Il primo è più piacevole alla vista e al tatto e ci si cammina sopra godendo della sua atermicità (anche sotto il sole il legno non surriscalda), ma richiede una manutenzione accurata almeno ogni due stagioni ed inoltre è soggetto ad arcuarsi mantenendone la memoria con la conseguenza che il telo della carena allenta un po' la sua tensione.
L'alluminio è più stabile nella forma e non richiede manutenzione. Sotto il sole però i piedi bollono.
I rispettivi pesi più o meno si equivalgono

PAGLIOLO E CHIGLIA CON ELEMENTI PNEUMATICI AD ALTA PRESSIONE E POPPA IN COMPOSITO (ZODIAC FASTROLLER)
I "puristi" degli smontabili hanno subito accolto con interesse e benevolenza l'avvento dei materassini gonfiabili ad alta pressione che costituiscono la nuova ossatura del battello che elimina in un colpo solo tutte le parti rigide con l'unica eccezione della tavola di poppa realizzata in un resistente materiale composito esente da manutenzione.
Se assumiamo che lo spirito proprio di uno smontabile è dato dalla sua massima leggerezza che agevola il trasporto e l'estrema semplicità e velocità nel montaggio/smontaggio per allungare di un'oretta la nostra escursione giornaliera in mare, dobbiamo valutare positivamente questa innovazione che riduce il battello ad una sorta di palloncino che gonfiamo senza compiere alcun'altra manovra, montiamo sulla sua poppa il fuoribordo da guidare a barra e voilà...! il battello è bell'e pronto per prendere il mare.
Al ritorno sgonfiamo il palloncino, lo arrotoliamo attorno alla poppa e lo riponiamo in un'unica sacca dalle dimensioni di una valigia non più pesante di 40kg.
Com'è stato possibile questo "miracolo" ?
Si tratta di un materassino in tessuto, spesso 4cm, al cui interno sono fissati migliaia di filamenti in nylon ancorati da faccia a faccia contro le due pareti interne. Una volta gonfiato ad una pressione di 0,8atm esso diventa molto rigido ed è in grado di assolvere pressoché alle stesse funzioni di un pagliolo rigido in legno o alluminio.
Solidale ad esso c'è un secondo elemento sagomato, fatto allo stesso modo, che viene posto in coltello per assolvere alle stesse funzioni di una chiglia rigida o pneumatica denominata ActiV dal costruttore.
Come visibile nella foto sopra entrambi gli elementi sono collegati con un tubo che fa capo a valvole fisse posizionate sotto il piano calpestio. Sarà cosi possibile gonfiarli simultaneamente da un'unica valvola posta a proravia sopra quello stesso piano.
Ma quali sono le prestazioni di questo innovativo battello confrontato con quelli tradizionali?
La mia diretta esperienza di utilizzatore di un fastroller di 3,25m mi consente una valutazione oculata che posso confrontare coi numerosi battelli tradizionali posseduti in passato.
PRINCIPALI VANTAGGI
Il pagliolo
Il materassino che costituisce il pagliolo, è realizzato in un unico elemento sagomato che segue il perimetro interno del gommone nel punto in cui il tubolare si unisce al telo della carena. La sua superficie martellata garantisce un discreto "grip" per evitare di scivolare anche quando vi camminiamo sopra coi piedi bagnati.
Gonfiato alla pressione d'esercizio di 0,8atm ho provato a caricare tutto il peso dei miei 93kg su di un unico tallone sulla sua superficie generando uno schiacciamento di non oltre un paio di cm.
Tutto sommato può considerarsi piacevole l'uso di questo elemento il quale, pur conservando la sua rigidità, è pronto ad ammortizzare un urto violento contro di esso ad esempio qualora scivolassimo dal tubolare.
L'altezza della chiglia ActiV è di 22,5cm.
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La chiglia
La chiglia, dello stesso materiale e spessore del pagliolo, si sviluppa da prora a poppa per circa 2/3 del battello. Solo l'ultimo terzo fino alla poppa resta completamente piatto ed il telo della carena aderisce completamente alla superficie opposta del pagliolo.
Essa è sagomata per formare una bella ruota di prora il cui punto più alto misura 22,5cm. Dal momento che detta altezza e spessore sono equivalenti a quella dei migliori chiglia rigida, possiamo concludere che la stellatura della "V" di prora è perfettamente raffrontabile a quella di quei battelli.
Ci tengo a sottolineare come, anche negli impatti più violenti sul mosso, la chiglia non può schiacciarsi e fende le onde con la stessa efficacia dei chiglia rigida. L'unica differenza rispetto a quest'ultima è data dall'ultimo tratto della carena a poppa che resta piatta, ma come ho spiegato più sopra, non vengono affatto a scadere le prestazioni di morbidezza in navigazione.
Sottolineo infine che, trattandosi di aria compressa, questa non determina alcuna memoria dell'incurvatura del piamo del pagliolo pressato sul suo centro longitudinale dalla chiglia come invece avviene nei gommoni col pagliolo in legno (l'alluminio è un po' più stabile).
PRINCIPALI SVANTAGGI
Il confronto con un equivalente battello a pagliolo e chiglia rigida evidenzia un consistente maggior peso di questi ultimi i quali determinano una maggiore pressione della prora sull'acqua che attutisce meglio gli impatti contro le onde (momento di inerzia). Un fastroller - data la sua estrema leggerezza - tende a sollevare maggiormente la prora sulle onde.
Questo aspetto negativo è facilmente aggirabile e risolvibile semplicemente spostando il carico più pesante degli accessori più verso prora (tra cui il serbatoio benza, ancora con catena ecc.)
L' accoppiata pagliolo/chiglia gonfiati a 0,8atm, pur essendo molto rigidi, non riescono a tendere il telo di carena con la stessa forza dei chiglia/pagliolo rigidi.
Negli impatti più violenti avviene che le pareti ai lati della chiglia si flettano un po' senza tuttavia inficiare l'azione fendente della chiglia che resta stabilmente rigida. Anzi, si ha l'impressione che queste deformazioni/flessioni abbiano l'effetto di assorbire meglio l'energia cinetica prodotta dagli impatti.
Per la stessa ragione questa struttura pneumatica mal si presta a mantenere stabile la sua forma nei battelli oltre i 3,20-3,30cm. Già nella massima misura prodotta di 3,60m, con mare formato, si evidenziano fenomeni di deformazione/ondulazione del pagliolo e torsioni sull'asse longitudinale.
Tutto ciò non compromette tuttavia le prestazioni del battello che restano ottime e si arriva ad abituarsi a quel comportamento un po' "ballerino".
Lo spessore di 4cm del pagliolo riduce un po' l'altezza dello spazio interno fino al culmine dei tubolari. Ci si fa presto l'abitudine fino ad apprezzare la caratteristica che ha il battello all'ormeggio: col tappo aperto è autosvuotante statico perché il piano superiore del materassino è un paio di cm. più alto della linea di galleggiamento .
Infine va menzionata l'innegabile vulnerabilità del tessuto gonfiato rispetto ai materiali rigidi. Questo 


richiede uno "stile d'uso" del gommone che eviti il contatto di oggetti contundenti che possano bucare il materassino mettendo in crisi l'intera struttura portante del gommone.


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Documenti da tenere a bordo

Ultimo Aggiornamento: Aprile 2020

Documenti per i natanti

Le unità da diporto, con o senza marcatura CE, devono tenere a bordo i documenti di seguito indicati.

I natanti a remi e a vela, quando navigano per diporto o semplice attività di pesca sportiva, devono avere a bordo i documenti di riconoscimento delle persone imbarcate, anche se non esiste una norma specifica.

I natanti a motore, devono avere a bordo:

  • a) la dichiarazione di potenza del motore o il certificato d’uso motore o il documento sostitutivo, sia per i motori fuoribordo sia entrobordo; sul documento sono indicate la potenza del motore in kW/CV e la cilindrata, per determinare l’eventuale obbligo della patente nautica; nel caso di furto o smarrimento va richiesto alla ditta costruttrice del motore o al rivenditore autorizzato il duplicato;
  • b) la polizza d’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per danni a terzi (limite di garanzia minimo 2.500.000 euro) per le unità munite di motore di qualsiasi potenza. Il limite dei tre cavalli fiscali è stato soppresso. Il contrassegno del certificato va tenuto tra i documenti di bordo;
  • c) la patente nautica in corso di validità, per l’esercizio dello sci nautico e la condotta degli acquascooter è sempre obbligatoria senza tener conto della potenza del motore.

 

Per navigare fino a 12 miglia dalla costa, i natanti devono avere a bordo oltre ai documenti sopra menzionati, uno dei seguenti documenti attestanti l’idoneità:

  • a) il certificato di omologazione e dichiarazione di conformità rilasciata dal costruttore, dai quali risulta che l’unità è abilitata alla navigazione senza alcun limite (o oltre 6 miglia dalla costa);
  • b) l’estratto del R.I.D. (Registro delle Imbarcazioni da Diporto) rilasciato, per le unità già iscritte e successivamente cancellate dai registri, dall’ex Ufficio di iscrizione, dal quale risulta che l’unità era abilitata alla navigazione senza alcun limite;
  • c) una specifica attestazione di idoneità rilasciata da un organismo notificato.

Dichiarazione di potenza

Questo documento è rilasciato dalla casa costruttrice. Durante la navigazione tra i porti nazionali si può tenere a bordo la copia regolarmente autenticata. Nel caso di perdita o deterioramento del documento del motore qualora la casa costruttrice non sia più sul mercato l’accertamento della potenza del motore può essere richiesto al Centro Prova Autoveicoli del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che provvede anche al rilascio del relativo certificato.

I vecchi certificati uso motore continuano ad avere validità, ma gli uffici periferici non sono più autorizzati a rilasciare il duplicato del documento. Nei casi di furto o smarrimento va richiesto alla ditta costruttrice del motore o al rivenditore autorizzato il duplicato della dichiarazione di potenza del motore. Per i vecchi motori, sprovvisti della dichiarazione di potenza, il documento può essere sostituito dal certificato di omologazione e dalla dichiarazione di conformità ovvero, per le unità cancellate dai registri, dall’estratto rilasciato dall’ex ufficio di iscrizione. Per le unità provenienti dall’estero, con l’estratto dal registro comunitario di provenienza, o con il certificato di cancellazione dal registro medesimo, che riportino i dati tecnici del motore.

Documenti per le imbarcazioni

Oltre ai documenti di riconoscimento delle persone a bordo, devono avere:

  • a) la licenza di navigazione (non va sottoposta ad alcun visto periodico);
  • b) la dichiarazione di potenza del motore o il certificato d’uso motore (solo per le unità munite di motore fuoribordo);
  • c) la polizza di assicurazione per un limite di garanzia minimo di € 2.500.000 (sempre obbligatoria perché il limite dei tre cavalli fiscali è stato soppresso), il cui contrassegno va esposto;
  • d) il certificato di sicurezza in corso di validità;
  • e) licenza di esercizio RTF (obbligatoria per tutte le unità che hanno un apparecchio radiotelefonico a bordo) che non ha scadenza; nel documento sono indicati oltre gli elementi di individuazione dell’unità e il nominativo internazionale anche il tipo di apparato VHF installato a bordo autorizzato, la licenza del VHF va sostituita soltanto se viene sostituito l’apparato a bordo;
  • f) certificato limitato RTF (si consegue senza esame), che non ha scadenza;
  • g) copia della dichiarazione dell’assunzione di responsabilità del VHF, oppure copia del contratto con la concessionaria per l’impiego del VHF per la corrispondenza pubblica, come già indicato per i natanti;
  • h) patente nautica, in corso di validità, quando prescritta.

Note:

  1. Sullo scafo delle unità CE è apposta la targhetta del costruttore nella quale sono indicati la categoria di progettazione (A, B, C o D), la portata massima consigliata in kg e il numero massimo delle persone trasportabili. Ulteriori notizie riguardanti l’utilizzazione dell’unità sono riportate nel “Manuale del proprietario” che è consegnato dal costruttore al proprietario al momento dell’acquisto, ma che non è (più) obbligatorio tenere a bordo.
  2. Nel caso venga installato un motore ausiliario, questi deve essere munito della dichiarazione di potenza rilasciata dal costruttore e di una polizza di assicurazione autonoma. Per la navigazione tra i porti nazionali, tutti i documenti possono essere tenuti a bordo in copia autenticata.

Certificato di sicurezza

La procedura per il rinnovo del certificato di sicurezza prevede che il documento rilasciato alle imbarcazioni da diporto dall’ufficio di iscrizione all’atto della prima immatricolazione, previa visita periodica di idoneità, si rinnova automaticamente per la durata di cinque anni, senza che il diportista debba presentarsi presso alcun ufficio marittimo o delle acque interne per l’annotazione dell’attestato di idoneità. Al rinnovo del certificato di sicurezza provvede direttamente l’organismo tecnico (notificato o autorizzato) che ha eseguito la visita, sulla base dell’attestazione di idoneità comprovante la permanenza dei requisiti, annotando sul certificato gli estremi dell’attestazione rilasciata. Nel contempo trasmette all’autorità marittima (o consolare se all’estero), della giurisdizione sul luogo della visita, copia del certificato con l’avvenuta annotazione e l’attestato di idoneità. L’autorità che riceve i docu-menti provvede, a sua volta, a darne notizia all’ufficio di iscrizione dell’unità.

VHF

È obbligatorio quando si naviga a distanza superiore alle sei miglia dalla costa. Devono essere tenuti a bordo:

  • certificato limitato di RTF dell’operatore (si consegue senza esame e non è soggetto a scadenza o a bollo);
  • licenza d’esercizio RTF (è rilasciata direttamente dall’Ispettorato Regionale delle Comunicazioni, avente la giurisdizione sul luogo di residenza dell’interessato).

L’apparato può essere utilizzato per corrispondenza pubblica, ovvero solo per emergenza e soccorso. Nel primo caso la gestione è affidata alle concessionarie, alle quali va pagato il relativo canone, l’apparato deve essere preventivamente sottoposto al collaudo e deve essere tenuta a bordo la copia del contratto con la concessionaria. Nel secondo caso, non va pagato alcun canone e la responsabilità del funzionamento del VHF ricade sull’interessato che deve firmare un’apposita dichiarazione dell’assunzione di responsabilità da tenere a bordo.

Bonus bici e monopattino elettrico: 100 milioni per il 2021 e regole utilizzo voucher



Secondo la bozza della manovra di bilancio 2021 il Bonus Bici avrà una nuova dotazione di fondi, se tutto andrà secondo quanto previsto verranno stanziati fino a 100 milioni di euro. Intanto il Ministero ha chiarito un dettaglio importante: il voucher si può usare solo su beni già disponibili a magazzino

Bonus bici e monopattino elettrico 100 milioni per il 2021 e regole utilizzo voucher

Il bonus bici continua: altri 100 milioni per il 2021
Secondo la bozza della manovra di bilancio per il 2021, lo Stato ha previsto ulteriori 100 milioni da destinare al Programma Sperimentale Buono Mobilità, affinché siano garantite le risorse economiche per far fronte alle richieste anche il prossimo anno. Una notizia più che positiva dato che i fondi stanziati per il 2020 sono stati polverizzati in pochissimi giorni.

Il ministero chiarisce: voucher solo per beni già presenti in negozio
Il Ministero inoltre ha chiarito un dettaglio importante per l'utilizzo del voucher, cioè il buono spendibile per l'acquisto di bici, monopattini e tutto quanto previsto da questo incentivo (vedi qui sotto i dettagli): il voucher non può essere validato dal venditore se il bene che si acquista non è già direttamente presente nel negozio. In poche parole i voucher non possono assolutamente essere utilizzati come anticipo per ordinare beni non ancora in negozio o che non sono fisicamente presenti nel magazzino di un rivenditore online.

Come funziona il Bonus Mobilità in vigore quest'anno
  •  Valido dal 4 maggio al 31 dicembre 2020 per l’acquisto di biciclette, anche assistite (elettriche), monopattini, hoverboard e servizi di sharing (non car sharing), il bonus è pari al 60% della spesa sostenuta per un valore massimo di 500 euro.
  • Un esempio: per una bici che costa 300 euro il bonus si traduce in un rimborso di 180 euro, mentre per una che ne vale 1.000 il rimborso si ferma a 500 euro.
  • Chi ha già acquistato una bici a partire dal 4 maggio e fino al 3 novembre per ottenere il rimborso del 60% deve registrarsi alla piattaforma del ministero, inserendo lo scontrino parlante o la fattura che testimoni l’acquisto fatto. C'è tempo fino al 9 dicembre.
  • Attualmente il sistema provvede a rimborsare solo gli acquisti effettuati fino al 3 novembre e non rilascia più voucher per fare nuovi acquisti. Per questi se ne riparlerà il prossimo anno.
Chi ne ha diritto?  
  • Possono fare domanda per il bonus bici e monopattini tutti i cittadini maggiorenni residenti nei Comuni con popolazione superiore a 50 mila abitanti.
  • Sono inclusi anche i cittadini dei capoluoghi di Regione, delle Città metropolitane (che in tutto sono 14: Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma Capitale, Torino, Venezia) e dei capoluoghi di Provincia. Rimangono esclusi molti pendolari, studenti e lavoratori fuori sede, che magari hanno il domicilio in città mentre la residenza è rimasta nel luogo di provenienza. I pendolari che invece abitano i comuni della cintura delle grandi città metropolitane rientrano tra coloro che possono usufruire del bonus.
Dopo il caos dovuto all'esaurimento pressoché immediato dei fondi stanziati per il bonus bici e il blocco della piattaforma predisposta dal ministero (buonomobilità.it), il ministro dell’Ambiente Sergio Costa (M5s) aveva promesso che i rimborsi sarebbero arivati a tutti.

La promessa è stata (in parte) mantenuta: da oggi 9 novembre si possono ripresentare le richieste, ma può farlo solo chi ha già comprato la bici ed è rimasto fuori dalla prima tranche di emissione dei rimborsi. Vediamo quali sono le caratteristiche principali del bonus bici e chi ha diritto di usufruire di questa nuova riapertura delle domande:

Può presentare domanda solo chi ha già comprato
La piattaforma predisposta dal ministero dell’Ambiente è buonomobilita.it che p è stata messa offline subito dopo l’esaurimento dei fondi disponibili, 215 milioni esauriti in poco più di 24 ore. Oggi però torna operativa: "Chi ha la fattura o lo scontrino parlante che dimostra l’acquisto dal 4 maggio al 2 novembre - ha spiegato il ministro Costa - potrà iscriversi al medesimo sito del bonus dal 9 novembre al 9 dicembre. Il 10 dicembre potremo sapere quante persone hanno diritto al contributo e quale plafond economico serve mettere a bilancio. A quel punto chiederemo i fondi al Ministero dell’Economia e, con i tempi tecnici necessari, arriveremo al pagamento, non prima dell’inizio dell’anno prossimo".

Cosa serve per registrarsi al portale bonusmobilita.it
Per registrarsi al portale predisposto dal Ministero dell’Ambiente (buonomobilita.it), bisogna avere a disposizione:
1) L’identità Spid, il Sistema Pubblico di Identità Digitale
2) La scannerizzazione in formato Pdf della fattura o dello scontrino «parlante» a proprio nome;
3) Le proprie coordinate bancarie: sull’Iban che verrà registrato avverrà il rimborso.

- Per ovviare a eventuali problemi che possono insorgere si può chiamare il centralino del Ministero al numero 06.57221 o quello dell’Urp al numero 06.57225722 (e-mail: urp@minambiente.it).

Che cos'è il Buono Mobilità
- Valido dal 4 maggio al 31 dicembre 2020 per l’acquisto di biciclette, anche assistite (elettriche), monopattini, hoverboard e servizi di sharing (non car sharing), il bonus è pari al 60% della spesa sostenuta per un valore massimo di 500 euro.

- Un esempio: per una bici che costa 300 euro il bonus si traduce in un rimborso di 180 euro, mentre per una che ne vale 1.000 il rimborso si ferma a 500 euro.

- Chi ha già acquistato una bici a partire dal 4 maggio e fino al 3 novembre (come ha spiegato il ministro) per ottenere il rimborso del 60% deve registrarsi alla piattaforma del ministero, inserendo lo scontrino parlante o la fattura che testimoni l’acquisto.

Chi ne ha diritto?
- Possono fare domanda per il bonus bici e monopattini tutti i cittadini maggiorenni residenti nei Comuni con popolazione superiore a 50 mila abitanti.

- Sono inclusi anche quelli dei capoluoghi di Regione, delle Città metropolitane (che in tutto sono 14: Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma Capitale, Torino, Venezia) e dei capoluoghi di Provincia. Rimangono esclusi molti pendolari, studenti e lavoratori fuori sede, che magari hanno il domicilio in città mentre la residenza è rimasta nel luogo di provenienza. I pendolari che invece abitano i comuni della cintura delle grandi città metropolitane rientrano tra coloro che possono usufruire del bonus.

Quali problemi ha avuto la piattaforma?
Il 3 novembre, ossia il primo giorno per presentare le domande per ottenere il voucher, il sistema è andato in crash per via di un incidente tecnico: troppe richieste e la piattaforma è saltata. Spiega il ministro Costa: "Il sistema è andato in crash, c’è stato un incidente tecnico. Mi dispiace per la gente che è rimasta in coda, ma alla fine il problema è stato risolto. Alle 10 del mattino del 4 novembre, 600.000 italiani sono stati soddisfatti ed i fondi sono finiti. Quelli che avevano già tirato fuori soldi per comprare una bici e sono rimasti fuori, potranno avere il ristoro adesso".

In che modo è finanziato il bonus bici?
I fondi per il bonus mobilità vengono dalle "aste verdi" delle emissioni di gas serra. Le aste sono un meccanismo di assegnazione delle quote di emissioni valide per adempiere agli obblighi del cosiddetto European Union Emissions Trading Scheme, un sistema che fissa un limite massimo di produzione di CO2 agli aderenti lasciandoli liberi di acquistare e vendere sul mercato eventuali diritti di emissione aggiuntivi. In pratica, viene fissato un tetto alla quantità totale di alcuni gas serra che possono essere emessi dagli impianti che rientrano nel sistema. Ed entro questo paletto, le imprese ricevono o acquistano quote di emissione che, eventualmente, possono anche scambiare. I soldi provenienti da questo sistema possono essere spesi solo per scopi ambientali, per cui Costa "rispedisce al mittente" le critiche ricevute in questi giorni: "Non potevano andare ad ospedali o cassa integrazione, come molti hanno detto. Se non li usavamo, sarebbero andati persi".





Quando serve la patente nautica?

  • quando serve patente nautica

Ecco gli argomenti principali relativi a Quando serve la patente nautica?

 

Quando serve la patente nautica? E quando, quindi, è obbligatorio avere questa licenza per uscire con una barca? Ebbene, intorno a questo argomento vige una grande confusione, un po’ per i tanti fattori da tenere in considerazione per capire se, in un determinato caso, vi è o meno l’obbligo di patente nautica; un po’, inoltre, perché la normativa è cambiata spesso con piccoli scarti da una parte e dall’altra, andando a inglobare di volta in volta nuove categorie di naviganti tra quelli che necessariamente devono essere dotati di licenza.

Il problema è che il confine tra la possibilità di navigare senza documenti e l’obbligo della patente nautica non è netto e lineare. Tutti sappiamo che, per guidare un’automobile, è necessaria una patente di guida B, eccezion fatta per i praticanti che, con parecchi limiti, possono esercitarsi con il solo foglio rosa. Non è invece così per i naviganti: in questo caso capire quando serve la patente nautica non è semplice, né immediato. In questo articolo, però, vogliamo andare ad approfondire questo argomento, così da fugare ogni dubbio dei nostri lettori.

I tipi di imbarcazione: natante, imbarcazione, nave

Prima di vedere quando serve la patente nautica e quando invece si può navigare senza nessuna licenza, è certamente il caso di distinguere tra i diversi tipi di unità da diporto. Se infatti come vedremo non sono solamente le dimensioni della barca a decidere quando è obbligatorio avere la patente nautica e quando non lo è, è altrettanto vero che questo passaggio è fondamentale per capire chi deve fare l’esame e chi, invece, può continuare a usare la propria barca senza nessuna preoccupazione di ordine burocratico. Partiamo dunque col dire che il nostro Codice della Nautica riconosce tre tipi di unità da diporto, ovvero il natante da diporto, l’imbarcazione da diporto e la nave da diporto. Nello specifico:

Con il termine ‘natante da diporto‘ ci si riferisce a qualunque unità a remi, a motore o a vela la cui lunghezza non oltrepassi i 10 metri. I semplici natanti da diporto, tra le altre cose, non devono essere iscritti al Registro Imbarcazioni da Diporto tenuto dalla Capitaneria di Porto.

Si definiscono invece ‘imbarcazioni da diporto‘ tutte quelle barche lunghe più di 10 metri ma meno di 24 metri. In questo intervallo cadono la maggior parte della barche a vela e a motore utilizzate per fini turistici o agonistici. In questo caso l’iscrizione al Registro Imbarcazioni da Diporto della Capitaneria di Porto è obbligatoria; per quanto riguarda il numero di passeggeri massimo e i limiti di navigazione di ogni singola imbarcazione da diporto è necessario consultare la licenza della barca stessa.

Ci sono, infine, le ‘navi da diporto‘. Con questo termine si indicano tutte le unità da diporto con una lunghezza di oltre 24 metri.

L’obbligo patente nautica in base alla lunghezza della barca

In Italia c’è una particolarità assoluta per quanto riguarda l’obbligo di patente nautica: la legge, infatti, dà la possibilità di condurre natanti da diporto e imbarcazioni da diporto senza l’obbligo di patente nautica. Questo non vuol dire, però, che qualsiasi persona può pilotare queste barche in qualunque situazione. Assolutamente no: è più corretto dire, dunque, che vige sempre l’obbligo di patente nautica per pilotare delle barche superiori ai 24 metri di lunghezza, e quindi per le navi da diporto, sia a motore che a vela. Nello specifico, per le navi da diporto è necessario la patente nautica di tipo B, la quale può essere conseguita da chiunque sia in possesso di una patente nautica di tipo A senza limiti da almeno 3 anni. Già questo particolare, ovviamente, ci suggerisce che in alcuni casi – diciamo pure in molti, moltissimi casi – la patente nautica è necessaria anche per la guida di imbarcazioni con una lunghezza inferiore ai 24 metri. Quindi sì, teoricamente nel nostro Paese è possibile condurre una barca da 10 metri senza patente, come imbarcazioni molto più lunghe. Ma solo al di sotto di certe cilindrate, e solamente entro una certa distanza dalla costa, e via dicendo.

L’obbligo patente nautica in base alla distanza dalla costa

Quando serve la patente nautica in relazione al tipo di navigazione? A prescindere dalla lunghezza della barca e dalla potenza del motore, bisogna sapere che la patente nautica è sempre obbligatoria per navigare oltre le 6 miglia dalla costa. Che si stia guidando una barca da diporto oppure un natante, quindi, non fa alcuna differenza: a partire dalle 6 miglia dalla costa, solo chi è munito di patente nautica può condurre una barca.
A partire dai dati esposti finora, quando non è obbligatoria la patente nautica per guidare una barca? Ebbene, non lo è la barca non supera determinati limiti di motorizzazione – come vedremo dopo –, se non si naviga oltre le 6 miglia e se la barca è lunga meno di 24 metri. Anche l’età, in questo caso, gioca un fattore essenziale. A prescindere da tutto, infatti, è necessario aver compiuto 18 anni per guidare delle imbarcazioni da diporto; per condurre un natante a vela con una superficie velica superiore ai 4 metri quadrati o per condurre un natante a remi entro 1 miglio dalla costa è invece necessario avere almeno 14 anni.

Sempre riguardo le distanze dalla costa, poi, vi è un altro dettaglio importante da annotare. Non bisogna infatti dimenticarsi del fatto che, per navigare entro le 12 miglia, è sufficiente possedere, per l’appunto, la patente nautica entro 12 miglia, la quale costituisce per l’appunto la licenza entry level nel mondo della nautica. Con questa patente nautica non esistono limiti di potenza: si possono dunque guidare tutte le barche – a vela e a motore – lunghe fino a 24 metri, entro le 12 miglia. A voler essere ancora più precisi, la patente entro 12 miglia con limitazioni permette di condurre le sole unità a motore, mentre la versione completa di questa patente nautica consente di pilotare anche la barche a vela. Per condurre una barca oltre le 12 miglia è dunque necessario fare eventualmente un upgrade, e quindi sostenere un esame integrativo.

Va sottolineato che con la patente nautica entro le 12 miglia dalla costa nessuno ti vieta di guidare un’imbarcazione certificata per la navigazione senza limiti: a contare non è il tipo di barca, quanto invece solo e unicamente l’effettiva distanza dalla costa. L’integrazione per il passaggio dalla patente entro 12 miglia a quella senza limiti non prevede, tra l’altro, alcun esame pratico: è necessario affrontare la sola parte teorica.
La patente senza limiti, del resto, non è fondamentale per fare escursioni e viaggi di tutto rispetto. Per assurdo – per fare un esempio piuttosto conosciuto – è possibile raggiungere la Sardegna dall’Italia anche con la patente nautica entro le 12 miglia, pur essendo l’isola distante oltre 150 chilometri dalla costa italiana. Basterà partire da Livorno e raggiungere la Corsica, navigando entro le 12 miglia dalla Gorgona e dalla Capraia, o magari partire da Piombino e approfittare dell’isola d’Elba e quindi della Pianosa. Il trucco, dunque, sta nello sfruttare gli arcipelaghi per arrivare fino in Corsica, e da lì portarsi verso la Sardegna.

La navigazione entro le 12 miglia dalla costa, del resto, offre parecchi vantaggi: si pensi per esempio a tutte le dotazioni di sicurezza non obbligatorie entro tale distanza. Basteranno la zattera di salvataggio costiera, le cinture di salvataggio, le boette, i fuochi a mano, i razzi paracadute, gli apparecchi di segnalazione sonora e la radio VHF, laddove invece, oltre le 12 miglia, si dovranno aggiungere anche la zattera di salvataggio vera e propria, gli orologi, i barometri i binocoli, le carte nautiche, gli strumenti di carteggio, le cassette del pronto soccorso, il GPS, i riflettori radar… insomma, parecchi dispositivi di sicurezza in più!


12 miglia dalla costa: quanti chilometri sono

Prima di procedere con gli altre puntualizzazioni riguardo all’obbligo della patente nautica, è bene ricordare ai più distratti a quanti chilometri corrispondono le miglia nautiche dalla costa indicate dal nostro Codice Nautico. Non si contano, infatti, le persone che domandano a Google frasi del tipo “12 miglia quanti km sono“! Ecco allora che è utile sapere che 12 miglia nautiche corrispondono a poco più di 22 chilometri, e che 6 miglia marine corrispondono a poco più di 11 chilometri.

 

L’obbligo patente nautica in base alla motorizzazione – regole 2020

patente nautica motorizzazione

Eccoci arrivati ai fattori più complessi da tenere in considerazione per capire quando serve la patente nautica, ovvero quelli legati alla motorizzazione. A prescindere dalla distanza dalla costa e dalla lunghezza della barca, infatti, è obbligatorio avere la patente nautica se si conduce un’imbarcazione dotata di;

  • un motore con più di 30 kw (o più di 40,8 cv)
  • un motore con una cilindrata superiore a 750 cc (in caso di carburazione o iniezione a due tempi)
  • un motore con una cilindrata superiore a 1.000 cc (se a carburazione a 4 tempi fuoribordo o se a iniezione diretta)
  • un motore con una cilindrata superiore a 1.300 cc (se a carburazione a 4 tempi entrobordo)
  • un motore con una cilindrata superiore a 2.000 cc (se motore a ciclo diesel)

Come si vede, dunque, il Codice Nautico offre diversi casi: non sempre, come si vede, è obbligatorio avere la patente nautica per guidare una barca con un motore di cilindrata 1.000, così come non tutti i 4 tempi richiedono la licenza.

Nel 2018, per via di una piccolissima modifica al decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171 – al capo IV del titolo II – era scoppiato un piccolo polverone sui motori a 40 cavalli e sul relativo obbligo di patente nautica. Ad accendere la miccia era stato un servizio di Striscia la notizia, il quale, per i toni leggeri e con cui l’argomento era stato trattato – trattandosi pur sempre di un servizio d’informazione tipicamente ‘allarmista’ della televisione generalista, non certo rivolto a un pubblico specializzato – aveva gettato nello sconforto moltissimi naviganti. L’impressione, per molti, era stata quella di capire che la patente nautica fosse divenuta d’un colpo obbligatoria per tutti i motori fuoribordo da 40 cavalli. In realtà le cose non erano – non sono – affatto così.
Vediamo, nello specifico, come è stata modificata la norma. Se prima si affermava che la patente nautica è dovuta «per la navigazione nelle acque interne e per la navigazione nelle acque marittime entro sei miglia dalla costa, quando a bordo dell’unità sia installato un motore avente una cilindrata superiore a 750 cc se a carburazione a due tempi», a partire dal febbraio nel 2018 il nuovo testo recita che la patente è obbligatoria «per la navigazione nelle acque interne e per la navigazione nelle acque marittime entro sei miglia dalla costa, quando a bordo dell’unità è installato un motore di cilindrata superiore a 750 cc se a carburazione o iniezione a due tempi». Ed è proprio l’aggiunta della parola ‘iniezione’ a cambiare le carte in tavola. Ma non per tutti: a venire stravolto è l’uso di un solo particolare motore – per quanto molto diffuso – ovvero il motore Evinrude e-Tec 40 cv, un fuoribordo a due tempi a iniezione diretta, che dunque a partire dall’anno scorso ricade nell’obbligo di guida con patente nautica (con l’inevitabile costernazione di tutte le persone che si muovevano con questo motore pur non avendo alcuna patente nautica).

Obbligo di patente nautica: lo sci d’acqua

quando serve la patente nautica

Abbiamo dunque visto, in base alle dimensione della barca, alla distanza di navigazione dalla costa e in base al motore della barca quando è obbligatoria la patente nautica. Ci sono però alcuni casi speciali nei quali, a prescindere da quanto detto sopra, è obbligatorio sostenere l’esame della patente nautica.
Senza tenere conto della potenza del motore e degli altri criteri, è in ogni caso obbligatorio possedere una patente nautica per condurre una barca per praticare lo sci nautico. Questo sport, infatti, è regolamentato con molta precisione: oltre al conducente provvisto della patente nautica, a bordo ci deve essere anche un nuotatore esperto in grado di sorvegliare e quindi eventualmente di aiutare lo sciatore in caso di emergenza. Il conducente, inoltre, deve mantenere una distanza tra la barca e lo sciatore di minimo 12 metri, nonché mantenere sempre una distanza laterale di almeno 50 metri da qualsiasi altra barca. Non stupisce, dunque, che il conducente debba essere in possesso della patente nautica, per garantire la sicurezza dello sciatore e delle altre persone in mare.

La patente nautica e la moto d’acqua

patente nautica obbligatoria

Un altro utente del mare che deve obbligatoriamente essere provvisto di patente nautica – diversamente da quanto si pensa molto spesso – è il conducente di moto d’acqua. In tanti pensano che questa si possa guidare questa speciale barca senza patente, ma le cose non stanno così, anzi. Questo obbligo è in vigore fin dal 2005, a sottolineare come la moto d’acqua – pur essendo a tutti gli effetti un natante con una lunghezza alquanto ridotta – sia tutt’altro che un mezzo da prendere alla leggera. Va peraltro aggiunto, per completezza, che con una moto d’acqua non è mai possibile allontanarsi troppi dalla costa: la navigazione con questo natante è vietata oltre 1 miglio.

Ecco, ora sai – senza pericolo di dubbi – quando serve la patente nautica, secondo le normative del 2019 e quando, invece, è possibile guidare la barca senza nessuna licenza.